A cura dell’avv. Marco Masante

L’esito del noto referendum, consultivo e non vincolante, sulla permanenza del Regno Unito all’interno dell’Unione Europea, svoltosi il 23 giugno 2016, ha visto voti favorevoli all’uscita dalla UE per il 51,9 % contro il 48,1 % per rimanere nell’UE. Tale esito, attualmente effettivo solamente sul piano politico, apre scenari inaspettati per i futuri rapporti internazionali ed in particolare per gli scambi commerciali tra l’UE ed il Regno Unito.

Un aspetto rilevante è quello dell’incertezza sugli aspetti legati al trasporto di merci e come tali rapporti commerciali potranno essere regolati, sia perché i tempi di negoziazione dell’uscita possono protrarsi a lungo, sia perché è la prima occasione in cui si verifica un caso di volontà di uscita dal mercato unico. (1)

Un primo effetto che si potrebbe verificare riguardo alle merci è relativo ai diritti di confine e, in particolare, i potenziali dazi doganali che potrebbero essere imposti all’atto delle importazioni nell’UE di merce proveniente dal Regno Unito, e viceversa. (2) Giuridicamente la prima e più importante conseguenza dovrebbe essere quella di un ripristino delle barriere doganali con l’Unione Europea, con la conseguenza che le movimentazioni dei beni in partenza dalla UE e destinati ad andare nel Regno Unito (e viceversa) perderanno la loro natura di cessioni o acquisti intracomunitari, ripristinando la situazione esistente al 31 dicembre del 1992, che le qualificava come operazioni di esportazione o importazione.

Sul piano procedurale, il nuovo assetto determinerà, sia per l’esportatore, che per l’importatore, l’obbligo di presentare per ogni operazione di movimentazione di merci una specifica dichiarazione doganale, per far circolare liberamente dette merci in un singolo mercato o per assoggettarle a particolari regimi di manipolazione o trasformazione.

Già durante la fase negoziale per definire l’uscita dall’Unione il Regno Unito dovrà manifestare le scelte politico-economiche sulla cui base sarà determinato il suo nuovo assetto del sistema doganale. Infatti, se la nuova fiscalità degli scambi commerciali con i Paesi UE dovesse prevedere l’imposizione di dazi doganali, nuove procedure, onerosi controlli e il pagamento in dogana di un’IVA elevata, questo avrebbe pesanti riflessi economici e finanziari per le imprese e i consumatori, che vedrebbero inevitabilmente aumentare il prezzo dei prodotti: ne consegue che le scelte negoziali dovrebbero tendere a privilegiare il raggiungimento di un punto di equilibrio degli interessi del Regno Unito e dell’Unione Europea il più possibile vicino alla situazione preesistente.

D’altro canto l’uscita del Regno Unito dall’Unione Doganale Europea renderà più semplici i rapporti tra UK ed alcuni paesi Terzi, come ad esempio gli Stati Uniti, soprattutto il relazione ai divieti tariffari e alla esigenza di tutelare la produzione. I primi commentatori reputano che contro una modesta contrazione e limitazione dei costi saranno sicuramente fondamentali le consulenze, soprattutto doganali, a favore dei soggetti italiani che reputeranno di poter restare in UK anche post Brexit.

L’eventuale aumento degli oneri, anche doganali, nei rapporti commerciali con le realtà britanniche costituisce sicuramente il rovescio di tale medaglia per le imprese italiane, che può divenire tuttavia opportunità di crescita.

Le difficoltà che le nostre imprese dovranno affrontare nei rapporti con l’Inghilterra sarebbero infatti condivise con le altre aziende dell’UE. Inoltre, Londra è da tempo riconosciuta come capitale europea dell’innovazione, catalizzatrice di ingenti investimenti per start-up, progetti di ricerca e aziende innovatrici in diversi ambiti. Non essendo più una capitale dell’Unione Europea, Londra lascerebbe un posto vacante come fulcro degli investimenti nel Mercato Interno.

Ulteriori conseguenze potrebbero presentarsi anche su un piano non tariffario. Si pensi ad esempio, tra tutte, alle norme che disciplinano la proprietà intellettuale: all’interno dell’Unione Europea vige un sistema unificato che regola la registrazione e la protezione di marchi, brevetti e copyright dei suoi stati membri; si pensi inoltre alle norme in materia di sicurezza dei dati: il trattamento e la conservazione dei dati personali sono normati da una legislazione europea organica, stabile e coerente con le politiche comunitarie perseguite negli ultimi anni.

Come si regoleranno i rapporti con il Regno Unito anche in tali ambiti? È infatti probabile che si avranno sempre di più normative divergenti che potranno limitare le operazioni di importazione ed esportazioni di beni o servizi.

Sul fronte politico recentemente si registra un discorso alla Coventry University tenuto da Jeremy Corbin, il leader del Labour Party esprime il suo giudizio favorevole ad un’Unione doganale con la Ue, come sperimentato anche da Norvegia, Svizzera e Turchia, creando così le condizioni perché si formi una maggioranza alternativa nel parlamento britannico. Proposta respinta ancora da Theresa May perché, secondo la premier britannica, tale soluzione limiterebbe il potere della Gran Bretagna di stringere nuovi accordi commerciali con altri paesi in seguito all’uscita del Regno Unito dall’UE prevista per marzo 2019.

Lo Studio Occari & Garbo anche quale Temporary Export Manager Professionale (“TEM”) assisterà le aziende esportatrici e gli italiani titolari di aziende in UK, nei vari adempimenti, come per esempio: la gestione dei dati sensibili e della privacy, l’applicazione di dazi doganali, l’inclusione di nuove direttive sulla gestione delle spedizioni ed eventuali nuove tipologie di controlli alle frontiere.

_________________________

[1] B. Ferroni, “Brexit: i nuovi scenari del diritto doganale e degli scambi commerciali”, In Il fisco n. 31 del 2016, pag. 1-3007.
[2] B. Santacroce, E. Sbandi, “Dogane ed effetto Brexit: prospettive di pianificazione e questioni aperte”, In Corr. Trib., n. 37/2016, pag. 2833-2837.