A cura del Dott. Diego Occari.
Per mezzo del D.lgs. n. 142/2018 viene modificato l’art. 166 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), che individua i casi in cui i trasferimenti di società all’estero sono sottoposti ad imposizione IRES o IRPEF, in quanto eventi realizzativi di plusvalenze.
In particolare, a mente del nuovo testo normativo, la c.d. “Exit Tax” trova applicazione:
- al caso di trasferimento all’estero della residenza fiscale di una società o impresa italiana;
- alle fattispecie di fusione, scissione o incorporazione transnazionale di società residente in Italia con branch all’estero o di conferimento della branch estera in società non residente in Italia;
- nei casi, in generale, di trasferimento all’estero di stabili organizzazioni, di aziende o di rami di azienda italiani.
In ogni caso resta confermato che la “Exit tax” non trova applicazione quando i beni dell’impresa o della società che si trasferiscono all’estero confluiscono in una stabile organizzazione in Italia.
Vediamo dunque alcuni casi per capire quando può applicarsi o meno l’exit tax:
- una società italiana sposta la propria sede legale nel Regno Unito (a Londra), al fine di poter operare più efficientemente nei mercati internazionali e beneficiare del diritto societario inglese, che è più snello ed efficiente e ad esempio non richiede l’obbligo di revisione legale per le microimprese. Al tempo stesso la società, pur avendo trasferito a Londra la propria sede legale, mantiene in Italia una sede fissa di affari, con uffici e personale, e quindi tutta l’azienda resta di fatto in Italia come stabile organizzazione. In tal caso, la exit tax non troverà applicazione (tranne che per i beni che materialmente dovessero essere trasferiti a Londra).
- una società italiana di ingegneria viene incorporata, mediante fusione transfrontaliera, in una società di ingegneria rumena, e mantiene però in Italia una stabile organizzazione in cui confluisce l’intera azienda (uffici e personale). Anche in tal caso, non essendo trasferito nulla al di fuori dello Stato, non si applica l’exit tax.
Particolare attenzione però va prestata nei seguenti casi:
- caso in cui una società italiana si trasferisce all’estero ed aveva branch estere (stabili organizzazioni in altri paesi), perché in tal caso la stabile organizzazione estera va assoggettata alla exit tax;
- caso di società italiana che detiene partecipazioni estere e che non confluiscono in una stabile organizzazione italiana a seguito del trasferimento all’estero della società. Anche in tal caso la exit tax trova applicazione.
In tale impianto di tassazione, va segnalato che le principali novità sono le seguenti:
- applicazione della exit tax sulle plusvalenze determinate non più in base al valore normale di cui all’art. 9 del TUIR, ma in base al valore di mercato individuato dalle linee guida dell’OCSE sui prezzi di trasferimento;
- riduzione fino ad un massimo di 5 rate della possibilità di pagare ratealmente l’imposta;
- eliminazione della facoltà di ottenere l’opzione per la sospensione del versamento delle imposte.
Se state pensando di trasferire all’estero la sede legale della vostra società o della vostra impresa, è importante studiare bene prima l’operazione in termini di impatto fiscale. Al fine di evitare l’emersione di plusvalenze tassate e di rischi per la società.
Il nostro dipartimento di fiscalità internazionale, attraverso il Prime Advisory Network è attivo su oltre 60 paesi, e vi può aiutare a gestire in efficienza tali delicate fasi della vita dell’impresa.
Per maggiori informazioni chiamate senza impegno lo Studio Occari & Garbo Stp Spa allo 02 87197407 o scrivete a studio@occari-garbo.it.