A cura dell’avv. Marco Masante
La liquidazione costituisce un momento di esercizio dell’attività della società con conseguente valorizzazione dell’attività gestionale accompagnata dall’obbligo di perseguire anche in questa fase l’interesse per il quale la società è stata costituita. Da qui la rilevanza dell’informativa sulle operazioni di liquidazione.
Il liquidatore deve adottare le iniziative proprie del procedimento di liquidazione ma consentendo la conservazione dell’eventuale valore dell’impresa dato che, in base a quanto previsto dall’art. 2487 ter c.c., per fatti e circostanze successive alla messa in liquidazione della società l’assemblea può deliberare in ogni momento la revoca dello stato di liquidazione.
L’art. 2489 c.c. rubricato “poteri, obblighi e responsabilità dei liquidatori” afferma che i liquidatori hanno il potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione della società. Aggiunge inoltre che essi debbono adempiere ai loro doveri con la professionalità e diligenza richieste dalla natura dell’incarico e che la loro responsabilità per i danni derivati dall’inosservanza di tali doveri è disciplinata dalle norme in tema di responsabilità degli amministratori.
I liquidatori sono tenuti a redigere il bilancio finale di liquidazione, documento che deve essere depositato presso il registro delle imprese e rappresenta l’ultima informazione contabile che precede la cancellazione della società dal registro delle imprese.
La redazione presuppone la monetizzazione di tutto l’attivo e il pagamento dei creditori ed è costituita dallo stato patrimoniale, dal conto economico e dalla nota integrativa nonché da un piano di riparto.[1]
Sotto la loro responsabilità, i liquidatori possono dar corso ai pagamenti indicati nel piano di riparto in favore dei soci subito dopo il deposito del bilancio nel registro delle imprese.
Una specifica ipotesi di responsabilità dei liquidatori verso i creditori sociali è sancita dall’art. 2491 c.c. La loro responsabilità rappresenta un’ipotesi di lesione del diritto di credito che si ravvisa laddove gli stessi abbiano effettuato il riparto pur essendo consapevoli dell’esistenza di passività anche solo potenziali. Il liquidatore di una società cancellata dal registro delle imprese può essere quindi chiamato a rispondere nei confronti dei creditori sociali insoddisfatti laddove questi dimostrino l’esistenza, nel bilancio finale di liquidazione, di un attivo dallo stesso distribuita ai soci, oppure che la mancanza di attivo sia imputabile alla sua negligenza od inottemperanza ai doveri imposti dalla natura e dalle finalità del procedimento di liquidazione . Nel caso in cui siano state effettuate operazioni fraudolente nella fase della distribuzione dell’attivo, a tutela dei creditori danneggiati sussistono sempre i normali mezzi di conservazione del patrimonio a partire dall’azione revocatoria.[2]
Il decreto legislativo n. 175/2014 ha innovato profondamente la disciplina in tema di responsabilità dei liquidatori delle società di capitali intervenendo su alcune norme che la regolano.
Infatti nell’attuale versione dell’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 primo comma: i liquidatori “(…) che non adempiono all’obbligo di pagare, con le attività della liquidazione, le imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori rispondono in proprio del pagamento delle imposte se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o associati, ovvero di avere soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. Tale responsabilità è commisurata all’importo dei crediti d’imposta che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti”.
Viene quindi prevista la responsabilità personale dei liquidatori, nel caso in cui, salvo prova contraria, abbiano distribuito somme ai soci relative all’anno di liquidazione oppure ad anni precedenti o abbiano soddisfatto preliminarmente crediti di rango inferiore rispetto a quelli tributari.
In sostanza, è stato sancito che se i liquidatori non dovessero dimostrare di aver assolto tutti gli oneri tributari, essi stessi saranno tenuti a rispondere in proprio del versamento dei tributi dovuti dalla società estinta, nei limiti dei crediti erariali che avrebbero trovato capienza in sede di graduazione dei crediti.
È necessario sottolineare che la riforma normativa non ha riguardato tanto la responsabilità personale e patrimoniale dei liquidatori, già prevista in modo pressoché identico nella versione previgente dell’art. 36 del DPR 602/73, bensì l’inversione dell’onere della prova: saranno infatti i liquidatori e non l’amministrazione finanziaria a dover dimostrare di aver gestito la fase di liquidazione secondo legge e di non aver né assegnato beni ai soci, né soddisfatto crediti di rango inferiore rispetto a quelli tributari prima di aver pagato questi ultimi.
[1] G. Racugno, Interessi, poteri e criteri nella liquidazione dei beni degli enti, in Giur. comm., 1/2014, p. 33 e ss.
[2] F. Fimmanò, Estinzione fraudolenta della società e ricorso di fallimento “sintomatico” del pubblico ministero, in Dir. pen. dell’impresa, 9 settembre 2013, p. 14.